28 luglio, Giornata mondiale delle Epatiti, i medici: vaccinazioni e screening per le epatiti virali
In estate aumentano i rischi per l'epatite A per il consumo di molluschi bivalvi crudi. Per l’Epatite C, dopo il Covid i dati AIFA riportano una media di 12mila trattamenti l’anno, non sufficienti per eliminare il virus dall’Italia entro il 2030 come proposto dall’OMS.


Nicola Coppola SIMIT
(AGR) Vaccinazioni per le epatiti A e B, screening mirati per le forme B, C e Delta: far emergere il sommerso e avviare rapidamente al trattamento le persone infette è oggi una priorità di sanità pubblica. Le epatiti virali colpiscono ancora milioni di persone nel mondo e causano migliaia di morti evitabili ogni anno. Alla vigilia della Giornata Mondiale per le Epatiti, promossa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come ogni anno per il 28 luglio, l’Associazione Italiana per lo Studio del Fegato – AISF e la Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali – SIMIT rinnovano l’appello alla popolazione per stimolare alla prevenzione e al trattamento tempestivo di queste patologie, mentre auspicano il rinnovo dei fondi per gli screening per l’Epatite C che scadono il 31 dicembre 2025 e l’allargamento delle coorti d’età da sottoporre al test.
EPATITE C: L’URGENZA DI FAR EMERGERE IL SOMMERSO – Grazie a terapie efficaci, ben tollerate e di poche settimane, l’Epatite C oggi può essere eradicata in oltre il 95% dei casi. Tuttavia, in Italia si stima che oltre 200mila persone convivano ancora con l’infezione senza saperlo. L’attuale programma nazionale di screening gratuito, previsto per i nati tra il 1969 e il 1989, per il quale nel 2020 sono stati stanziati 71,5 milioni di euro, rappresenta un’opportunità cruciale per far emergere il sommerso, ma serve un maggiore impegno delle regioni per intercettare i pazienti e accompagnarli lungo il percorso di cura. Come riportato dai dati AIFA, se al 1° luglio 2024 i pazienti avviati al trattamento per l’eradicazione del virus dell’Epatite C erano 264.678, a un anno di distanza il bollettino del 30 giugno 2025 riporta 275.502 trattamenti: un progresso significativo, con una media post-COVID di circa 12mila trattamenti l’anno, ma non ancora sufficiente per l’eliminazione dell’infezione dal nostro Paese entro il 2030 come indicato dall’OMS.

Giacomo Germani
“Il rischio è che le persone con un’infezione asintomatica arrivino alla diagnosi troppo tardi, quando il danno epatico è ormai avanzato e si è già sviluppata una cirrosi o addirittura un epatocarcinoma – spiega il Prof. Giacomo Germani, Segretario AISF – Per questo è essenziale rafforzare la rete di screening e linkage to care, affinché la diagnosi precoce si traduca tempestivamente in accesso alla terapia”.
“In alcune realtà si sono attivati gli screening, ma è mancato il passaggio successivo: le persone risultate positive non sono state avviate al trattamento – evidenzia il Prof. Nicola Coppola, infettivologo SIMIT e Professore Ordinario di Malattie Infettive, Università della Campania – Oggi è indispensabile che lo screening sia solo il primo passo di un percorso strutturato, sia nelle cosiddette key population, come detenuti e tossicodipendenti, che nella popolazione generale, per la quale auspichiamo l’estensione delle fasce anagrafiche incluse nei programmi di screening anche ai nati tra il 1948 e il 1968. Auspichiamo inoltre che vengano rinnovati i fondi per queste attività, fondamentali per l’eliminazione del virus”.
L’INIZIATIVA DI POLICLINICO GEMELLI E CAMPUS BIOMEDICO A ROMA – Proprio in occasione della Giornata Mondiale contro le Epatiti, presso il Policlinico Gemelli e al Campus Bio-Medico di Roma, verrà promossa un’importante iniziativa di sensibilizzazione rivolta alla cittadinanza, intitolata “Non aspettare i sintomi, rendi virale la prevenzione”. Medici, infermieri e operatori sanitari dei due ospedali della Capitale accoglieranno le persone spiegando loro l’importanza di sottoporsi al test per Epatite B, C e Delta, che spesso restano a lungo asintomatiche e, se non diagnosticate in tempo, possono causare gravi danni al fegato. L’iniziativa, fortemente voluta dal Prof. Antonio Gasbarrini, Direttore Scientifico della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, nasce dalla convinzione che solo una corretta informazione possa spingere le persone a prendersi cura del proprio fegato. L’evento è realizzato con il patrocinio di AISF, che da anni promuove la prevenzione e la diagnosi precoce delle epatiti.
“Portare lo screening e l’informazione tra le persone, nei luoghi in cui vivono e si curano, è fondamentale per superare le barriere della diagnosi precoce - commenta Giuseppe Marrone, epatologo del Policlinico Gemelli e membro del Comitato Coordinatore AISF – Questa iniziativa nasce proprio con l’intento di avvicinare la scienza alla popolazione, favorendo consapevolezza e accesso immediato ai percorsi di cura: è così che possiamo davvero cambiare la storia clinica delle epatiti virali”.
EPATITE A: UN RISCHIO CHE PUÒ CRESCERE D’ESTATE – Sebbene l’Epatite A sia considerata una forma meno pericolosa, durante l’estate può aumentare il rischio di contagio, soprattutto a causa di consumo di alimenti a rischio o viaggi in Paesi endemici. Secondo i dati SEIEVA dell’Istituto Superiore di Sanità relativi al 2024, tra i principali fattori di rischio vi è proprio il consumo di alcuni alimenti, come molluschi bivalvi crudi o poco cotti (37,6%) e frutti di bosco (21,6%). Inoltre, spesso la causa risiede in viaggi in zone endemiche (35,1%), soprattutto il Marocco. Un’altra possibile causa è riconducibile a rapporti sessuali non protetti fra uomini (29,5%).
EPATITE B: UNA STORIA DI SUCCESSO, MA SERVE ATTENZIONE – Per l’Epatite B, l’Italia è considerata un esempio virtuoso grazie all’introduzione della vaccinazione obbligatoria nel 1991, che ha portato a una significativa riduzione di nuovi casi nei più giovani. Oggi il virus è quasi assente nella popolazione under 40, ma continua a circolare tra i soggetti più anziani e tra le persone nate in Paesi dove la vaccinazione non è stata sistematica. Nel 2024, sono stati segnalati al SEIEVA dell’Istituto Superiore di Sanità 189 casi di epatite B acuta, in aumento rispetto ai 153 del 2023. Le regioni con più notifiche sono Lombardia (49), Emilia-Romagna (36) e Toscana (15). I principali fattori di rischio emersi riguardano trattamenti estetici invasivi come manicure, piercing e tatuaggi (38,2%), cure odontoiatriche (27,9%), comportamenti sessuali a rischio (25,4%) e esposizione nosocomiale (16,2%). I farmaci antivirali a disposizione permettono di controllare l’infezione e di prevenirne le complicanze, purché vi sia una diagnosi precoce.
EPATITE DELTA: TESTARE I PAZIENTI CON HBV PER COGLIERE LE OPPORTUNITÀ TERAPEUTICHE
L’Epatite Delta è particolarmente insidiosa. Può colpire solo pazienti affetti da HBV; in Italia secondo l’Osservatorio Polaris si stimano 6200 persone HDV RNA positive. Si tratta di una forma clinicamente molto aggressiva, con un rischio elevato di progressione verso cirrosi e epatocarcinoma. È quindi cruciale che i pazienti con epatite B siano sempre testati per HDV, soprattutto vista la disponibilità di nuove terapie. Il trattamento con Bulevirtide, infatti, ha mostrato risultati incoraggianti: oltre la metà dei pazienti ha risposto con una significativa riduzione della carica virale e dei marcatori biochimici, mentre i dati preliminari suggeriscono una diminuzione del rischio di scompenso epatico nei pazienti con cirrosi. L’attenzione crescente per questo tema è testimoniata dall’inserimento dell’HDV RNA nella bozza di aggiornamento dei LEA in attesa di approvazione. AISF da parte sua si conferma molto attiva in questo ambito, come dimostrano i documenti di indirizzo congiunti con SIMIT finalizzati a supportare la gestione ottimale dell’infezione e a guidare l’uso appropriato delle terapie.