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Mantenimento del figlio naturale

Il riconoscimento dell'assegno di mantenimento sorge dalla cessazione della convivenza fra i genitori?

printDi :: 20 maggio 2020 13:52
Mantenimento del figlio naturale Foto di Daria Obymaha

Mantenimento del figlio naturale Foto di Daria Obymaha

(AGR) Il 12 maggio 2020 la Corte di Cassazione ha emesso una ordinanza (n. 8816) con la quale ha accolto il ricorso di una madre che chiedeva il riconoscimento di un assegno di mantenimento in favore del figlio naturale (ovvero nato al di fuori del matrimonio) a partire dalla cessazione della convivenza. Nel caso in esame infatti la Corte di Appello aveva, al contrario, accolto il gravame del padre (in qualità di genitore non affidatario), sancendo che detto mantenimento dovesse essere versato a decorrere dalla proposizione della domanda giudiziale.

In particolare la Suprema Corte partendo dal presupposto che l’obbligo al mantenimento (ex art. 148 cc,) sorge al momento della nascita di un figlio, sulla base del fatto che “il dovere di mantenere, istruire ed educare i figli sussiste per il solo fatto di averli generati", ha segnalato che il momento in cui cessa la convivenza fra i genitori funge da spartiacque, infatti : il provvedimento di natura economica decorre dalla cessazione della convivenza, nel caso in cui la domanda di mantenimento sia stata presentata in periodo antecedente alla cennata cessazione. Nel caso contrario (ovvero se la domanda viene presentata a coabitazione già terminata) retroagisce al momento della domanda stessa, in quanto sulla scorta della sentenza n. 7960 (Cass. Sez. I del 28/03/2017) il genitore che si è assunto integralmente l’onere di mantenere il figlio “ha diritto di regresso per la corrispondente quota, sulla scorta delle regole dettate dall’art. 1299 c.c. nei rapporti fra condebitori solidali”.

 
Nel caso di specie, la madre si era rivolta al Tribunale per i Minorenni che aveva stabilito in favore del minore un contributo al mantenimento, che ritenuto insufficiente, veniva contestato dinnanzi alla Corte d’Appello, che lo aumentava significativamente. Il padre non provvedeva al pagamento del dovuto, pertanto la ricorrente si vedeva costretta al recupero forzoso delle somme. A questo punto il debitore si opponeva ex art. 615 cpc all’atto di precetto, chiedendo di dover pagare il maggior importo addebitatogli dalla Corte d’Appello, solo a partire dal provvedimento di quest’ultima (o tutt’al più a partire dal provvedimento del Tribunale per i Minorenni). Il Tribunale di Milano rigettava il ricorso di opposizione al precetto e di conseguenza il debitore (ovvero il padre) impugnava detta decisione. La Corte d’Appello di Milano accoglieva il gravame e disponeva che il padre pagasse il mantenimento a partire dalla data in cui la madre aveva proposto appello per l’aumento dell’importo dell’assegno, condannando quest’ultima alla restituzione di quanto ricevuto in eccesso (ossia la maggior somma tra quella inizialmente disposta dal Tribunale per i Minorenni e quella maggiore disposta dal giudice di seconde cure), nonché al rimborso dei 2/3 delle spese dei due gradi di giudizio. A questo punto la madre presentava ricorso in Cassazione, dolendosi della circostanza che non le fosse “stato riconosciuto con decorrenza retroattiva alla data della presentazione del ricorso al Tribunale per i minorenni, il diritto alla percezione del mantenimento per il figlio minore nella misura stabilita dalla Corte d’Appello in sede di reclamo”.

Ebbene la vicenda ha avuto un risvolto positivo per la madre che ha visto concludersi il processo in proprio favore. In particolare la Corte affermava che la prima decisione del Tribunale per i minorenni “relativa all’obbligo di mantenimento a carico del genitore non affidatario, non ha effetti costitutivi, bensì meramente dichiarativi di un diritto, che nell’an è direttamente connesso allo status di genitore per cui la pronunzia del Tribunale retroagisce naturalmente al momento della domanda, senza necessità di apposita statuizione sul punto”, riconoscendo in ogni caso a detto Tribunale il potere di graduare il quantum debeatur in relazione ai diversi periodi di vita del minore”. Oltre a ciò precisava, che trattandosi il reclamo alla Corte di Appello di una “revisio prioris istantiae” (revisione della prima istanza, ovvero non è un giudizio autonomo ma solamente un riesame delle questioni esaminate in primo grado), la decisione assunta dalla Corte si sostituisce di diritto a quella del Tribunale per i minorenni, producendo quindi effetti con la medesima decorrenza. All’uopo gli effetti della statuizione della Corte debbono necessariamente retroagire alla data della domanda giudiziale.

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