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Da Ostia, la sua nuova patria, Abraham sogna l'oro olimpico

Abraham Conyedo, un lottatore cubano naturalizzato italiano vive e si allena ad Ostia. Qui sta costruendo il suo futuro, come atleta e come uomo. Abraham ha scelto di vivere ad Ostia, con la mamma e la compagna Nicole, è cittadino italiano e nel mirino ha messo l’oro ai prossimi giochi di Parigi.

printDi :: 07 ottobre 2022 17:10
Abraham Conyedo in allenamento ph credit Maurizio Di Giacomo

Abraham Conyedo in allenamento ph credit Maurizio Di Giacomo

(AGR) Lo sport è la medicina giusta per tutti i mali ed anche per reagire al bullismo, allontanare l’isolamento, per fare amicizia, per trovare nuovi amori. E’ la storia di Abraham Conyedo, un lottatore cubano naturalizzato italiano che vive e si allena ad Ostia presso il Centro Olimpico della Filkjam e che ancora qui si sta costruendo un futuro, come atleta e come uomo. Abraham ha scelto di vivere ad Ostia, dove ha tanti amici e si trova bene, è cittadino italiano e sta programmando la sua vita, nel mirino ha messo l’oro ai prossimi giochi di Parigi. Per raccontare Abraham Conyedo bisogna partire da lontano.

Abraham è nato il 7 ottobre del 1993, aveva quattro anni quando i suoi genitori si sono divisi. Abraham era poco più di un bambino quando si è ritrovato solo a Santa Clara, la sua città, nel centro di Cuba, la mamma lavorava tutto il giorno in un supermercato, il padre lo passava a trovare di rado. Era un bimbo magrolino, alto e scarno. La sua altezza, la sua riservatezza, il suo dolore per la separazione dei genitori lo hanno trasformato in una vittima dei bulli del quartiere che lo rincorrevano e lo picchiavano sulla testa...Abraham doveva andare a scuola e per farlo doveva fare un lungo giro per evitare la banda di bulli, quella mattina era in ritardo, a duecento metri dalla scuola vede i ragazzi del quartiere che lo chiamano, lui scappa, cerca rifugio nei vicoli, poi quasi per caso si infila in un grande locale, al centro c’è una materassina, ai lati dei bilancieri, si rifugia negli spogliatoi ma lì dentro i bulli del quartiere non lo seguono, Abrahm ha trovato la sua casa, il sistema per ribellarsi, per ritrovarsi, una palestra di lotta. E’ l’inizio di una storia di successi e di impegno duro, tutti i giorni, con un paio di mutandoni addosso, senza scarpe ad allenarsi ore ed ore, poi a studiare, infine ancora ad aiutare la madre come poteva ed ancora in palestra. Il primo successo tangibile arriva da ragazzino, i bulli di quartiere ora lo lasciano in pace, lo rispettano, qualcuno pure lo applaude quando lo vede combattere. “Non ho sentimenti di rivalsa nei loro confronti, la vita è così, il nostro era un quartiere poverissimo, è stata dura ma sono riuscito a trovare la mia strada. L’incontro con il coach Enrique Valdez è stato fondamentale, mi ha cresciuto lui e mi ha voluto in nazionale. Anche lì, all’inizio è stato difficile. Non so perché, ma ce l’avevano con me. Sono nato in una cittadina di Cuba dove non ci sono grandi lottatori, i più forti venivano da Nord ed in parte da Sud dell’isola, io ero l’unico del centro. Forse era per questo. Venivo provocato di continuo, capita. Una volta ho reagito ed il responsabile della nazionale mi ha detto che mi avrebbero mandato a casa se lo facevo ancora. Dovevo subire e basta. Ma come quando avevo quattro anni ho imparato a soffrire a convivere con quelli che sentivo come soprusi e forse era solo paura di perdere il posto in nazionale perché ero più forte”.

 
Abraham a soli 17 anni vince la medaglia d’oro nella lotta libera, nel corso della prima edizione dei Giochi Olimpici Giovanili di Singapore nel 2010, cinque anni dopo ai Giochi Panamericani di Santiago del Cile 2015, gareggia per la prima volta nella categoria senior guadagnando il secondo posto. L’anno dopo ci sono le Olimpiadi di Rio de Janeiro ma la sfortuna si mette di traverso, a pochi mesi dall’inizio Abraham si infortuna in allenamento, non può andare a Rio a giocarsi una medaglia. E’ virtualmente fuori dalla nazionale cubana. “Ero tornato solo, ma non ero disperato, sapevo di valere, sapevo che potevo recuperare. Alcuni mesi dopo mi ha chiamato il mio coach di sempre Enrique Valdez, in Italia per uno stage e per seguire la riorganizzazione del settore lotta della Filkjam. Sono partito e qui ho trovato subito una nuova casa, persone che mi davano fiducia, che mi spronavano, che mi facevano forza. Nel 2018, dopo cinque mesi sono andato a medaglia a Budapest, un bronzo che mi ha messo subito in luce. Ero felice, sorridevo e mi sono detto Abraham questa è una seconda grande occasione che ti ha dato la vita, non puoi fallire”.

Abraham Conyedo è un vincente e continua a vincere, nel 2019 la medaglia più bella, gliela mette sul petto il Consiglio dei Ministri che su proposta del ministro dell’interno Luciana Lamorgese gli attribuisce la cittadinanza italiana per meriti sportivi. “Lo desideravo tanto. E’ stato un riconoscimento che mi ha caricato ancora di più. Non sono nato qui, ma qui sono stato accolto come un figlio. Oggi mia madre vive con me e la mia compagna Nicole, mi ha raggiunto da Cuba e sono felice. Faccio parte del gruppo sportivo dell’Esercito, ho una realtà italiana che non potevo immaginare ma per la quale ho lottato e sofferto”.

Il 2020 è l’anno della sua definitiva consacrazione con il bronzo agli Europei di Roma che lo segnalano fin da subito come uno degli atleti più interessanti in vista dell’appuntamento olimpico di Tokio. Vola in Giappone, dove è medaglia di bronzo nei mediomassimi, categoria fino a 97 kg.

“Adesso ho tutto quello che desideravo. Una casa, una compagna, mia madre vicino e la possibilità di costruirmi un futuro di vittorie. Nella testa ho già le Olimpiadi di Parigi nel 2024, devo cambiare categoria perché non ce la facevo più a rientrare nei 97 kg. Combatterò nei massimi, ma ho fiducia. Mi alleno tutti i giorni, sono cosciente della responsabilità. Vorrei diventare allenatore e restare nel giro della nazionale italiana, qui davvero sono a casa mia”.

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Abraham Conyedo in allenamento ph credit Maurizio Di Giacomo
Abraham Conyedo in allenamento ph credit Maurizio Di Giacomo
Abraham da piccolo con la sua mamma
Abraham da piccolo

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