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Diabete, imparare a conoscerlo...per combatterlo

In occasione della Giornata Mondiale del Diabete stilato un programma prevenzione in otto punti. Bisogna ricordare che In Italia una persona con diabete su tre non sa di averlo. In Italia ogni 20 minuti una persona muore a causa del diabete.

printDi :: 28 novembre 2020 18:27
Diabete, imparare a conoscerlo...per combatterlo

(AGR) La pandemia da Covid-19 non deve fare dimenticare l’esistenza di malattie croniche come il diabete il cui impatto sulla salute del paziente e sul piano sociale è devastante.I riflettori su questa patologia erano puntati il 14 novembre in occasione della Giornata Mondiale del diabete, ma ogni giorno è il momento giusto ricordare che in Italia 1 persona con diabete su 3 non sa di averlo.

Che la retinopatia, la nefropatia e il rischio di infarto e ictus sono le principali complicanze croniche associate a questa malattia. Che in Italia ogni 20 minuti una persona muore a causa del diabete anche se il diabete spesso non è menzionato nella sua scheda di morte. Che compatibilmente con la situazione contingente, è importante che il paziente diabetico continui a controllare la glicemia, continui ad aderire alla terapia e a fare attività fisica e a perseguire le norme alimentari.

 
Che è fondamentale affrontare il diabete rivolgendosi ad un team multidisciplinare completo che risponda alle richieste di cura di una popolazione ammalata di diabete che ha raggiunto numeri impressionanti, 4 milioni di persone.

“Abbiamo scritto l’impossibile ma realizzato poco …. occorre ora trasformare tutto in operatività”. Questo il monito condiviso da tutto il panel presente per celebrare la Giornata Mondiale del diabete 2020. Un piano efficace e pieno di contenuti concreti è stato strutturato già nel 2012: era il “Piano Nazionale sulla malattia diabetica” costruito sulle indicazioni della commissione Nazionale diabete. Il compito delle regioni era quello di recepirlo traducendolo in documenti regionali ma soprattutto di applicarlo. Ma questa fase realizzativa che dura da 8 anni, non è ancora arrivata a conclusione nella maggior parte delle regioni, in alcune probabilmente parzialmente iniziata.

Forse è ora di smettere di deliberare, scrivere progetti/piani/recepimenti che sembrano quasi diventare un alibi per dire “ho fatto”. Forse è il momento di realizzare ed investire nella salute delle persone malate di diabete, lavoriamo tutti insieme su questo.

Call to action in 8 punti

1. Riorganizzare il sistema assistenziale sul diabete, riconosciuta da tutti come l’epidemia planetaria del XXI secolo, attraverso investimenti in risorse umane, in modelli organizzativi, tecnologia, formazione. Questo dovrà avvenire FINALMENTE utilizzando i fondi Europei disponibili (Recovery fund, Mes e fondi progettuali specifici) e quelli aggiuntivi Nazionali che andranno gestiti con estrema attenzione, evitando sprechi ed inutili duplicazioni, ma secondo una linea strategica unica condivisa a livello nazionale.

Mettiamo a frutto le risorse perché non accada un nuovo Covid-19 con un territorio non preparato ed una pressione ospedaliera insostenibile. Ad esempio iniziamo subito a concretizzare quanto stabilito con l’accordo raggiunto lo scorso anno sulla strumentazione  di primo livello per la diagnostica territoriale (fondi già stanziati attraverso un decreto attuativo per il 2019 in finanziaria pari a 235 Mln€, purtroppo non ancora allocati).

2. Nella gestione del diabete occorre differenziare i percorsi di cura: serve un percorso agevolato per i giovani con servizi differenziati, con infermieri dedicati. Già di per sé la malattia cronica è difficile da accettare in età pediatrica o evolutiva, quindi anche psicologicamente differenziare percorsi e servizi rispetto a quelli creati per i pazienti adulti/anziani è molto importante. Per il diabete di tipo 1 in età pediatrica occorre ancora stimolare le famiglie, i genitori, gli insegnanti, ad essere attenti nel raccogliere i primi banali sintomi (molta sete e urinazione abbondante) che consentono una diagnosi rapida. Il pericolo di un ritardo diagnostico che porti alla chetoacidosi diabetica, non solo pericolosa ma in alcuni casi mortale, è sempre in agguato.

3. Creare a livello Nazionale un Osservatorio Permanente con funzioni di cabina di regia che funga da monitoraggio nazionale sulla realizzazione pratica dei piani socio-assistenziali per il diabete. Il tavolo deve avere una forte presenza di rappresentanti dei pazienti.

L’Osservatorio permanente deve anche porre all’attenzione in tempo reale i problemi assistenziali nella gestione della malattia diabete, rilevati nelle varie realtà territoriali e proporre rapide e costruttive soluzioni. Dovrà anche dare visibilità ed ampia diffusione alle buone pratiche adottate nelle realtà regionali/locali, così da poterle replicare facilmente in tutti i territori.

4. Facilitare l’accesso all’innovazione Tecnologica di valore (farmaci e dispositivi) che viene ancora valutata, in maniera assolutamente penalizzante, per silos di spesa, perdendo completamente di vista il reale impatto che questa può avere sull’intero percorso di cura: riducendo i costi di ricovero, di accesso al pronto soccorso, prevenendo le tante complicanze di malattia, consentendo un monitoraggio glicemico facilitato, permettendo un onere organizzativo ridotto, liberando spazi utili per le liste d’attesa. Un evento semplice come la ipoglicemia con i suoi sintomi può cambiare la vita delle persone malate e delle famiglie. Sono stati forti i racconti dei genitori, che non riescono a dormire la notte per la paura che i bimbi abbiano una crisi e dei bimbi che dormono con le manine chiuse per la paura che mamma e papà, durante la notte, vadano a pungerli per misurare la glicemia; o dei figli preoccupati che il genitore anziano che vive da solo, possa cadere in casa da solo e rischiare la vita per una crisi ipoglicemica. L’innovazione consente attraverso apparecchi semplici che monitorano la glicemia a distanza e con allarmi che rilevano le variazioni pericolose di questa, di prevenire questi eventi e gestirli a distanza in tutta tranquillità e senza rischi. Ugualmente esistono nuove terapie che riducono quasi completamente il rischio di ipoglicemia e gli eventi pericolosi ad essa correlati. Occorre chiedersi quale sia il valore di queste tecnologie nella vita dei cittadini malati di diabete prima di prendere decisioni su come allocare le risorse. Ma l’applicazione di queste tecnologie è un processo lento ed in molti casi ritardato dall’obiettivo di una minor spesa motivata da ragionamenti quanto mai errati di potenziale risparmio che al contrario induce, oltre che maggiori rischi clinici per i pazienti, aumento di costi.

5. Covid-19 ha accelerato l’utilizzo di nuove tecnologie per la connessione tra i vari attori di sistema. L’utilizzo della telemedicina deve essere rapidamente implementato all’interno dei modelli organizzativi per la gestione del malato di diabete, seguendo modalità ed  esempi di chi ha già sperimentato punti di forza ed aree critiche. Dovrà essere condiviso su quali attività applicarla essendo ben chiaro che non sostituirà la normale attività in pressenza ma sarà un utile supporto di questa. La sua applicazione deve essere subito estesa in tutto il territorio Nazionale secondo regole condivise e semplici, approvate in Conferenza stato regioni. A questa dovrà essere affiancata una intensa attività di formazione su tutti gli operatori: medici, caregiver, farmacisti ed a cascata sui pazienti. Le regioni dovranno avere linee guida semplici per poter effettuare la formazione. Dovranno essere stabilite delle tariffe di rimborso delle prestazioni a livello nazionale e dovrà essere monitorata attentamente l’applicazione e l’utilizzo appropriato di queste. L’applicazione uniforme dei servizi di telemedicina nel territorio Nazionale, deve essere monitorata dall’Osservatorio Permanente.

6. L’Aderenza alle terapie è una battaglia difficile, ad oggi parzialmente persa, che richiede l’impegno di tutti: una indagine su oltre 5.000 farmacie con 16.500 malati monitorati ha evidenziato che 2 su 3 malati di diabete, non sono per nulla aderenti. Obiettivo deve essere informare i pazienti sulle gravissime conseguenze che la mancata aderenza può avere sulla loro salute. La riduzione di aspettativa di vita nella persona con diabete non in CONTROLLO GLICEMICO (aspetto fortemente collegato alla aderenza terapeutica) è di 7-8 anni. Anche in epoca Covid-19 alcuni lavori hanno dimostrato che i diabetici controllati rispetto a quelli non controllati, quando ricoverati, muoiono meno e hanno sintomi meno gravi.

7. Sburocratizzare e semplificare il sistema assistenziale: un es° fra tutti la eliminazione immediata dei piani terapeutici sui farmaci cosiddetti innovativi per il diabete, molti dei quali oramai prossimi alla genericazione. La trascrizione di questi, da rinnovare periodicamente per pazienti spesso in terapia da anni, rappresenta un inutile impegno per i pazienti ed i familiari (logistica, trasferimenti, perdita di produttività, etc), una perdita di tempo utile per il medico curante sottratto al controllo clinico, in un momento in cui la carenza di personale e di tempo, crea già congestione sulle liste d’attesa nei centri specialistici e negli ambulatori territoriali. Ridare ruolo attivo alla medicina territoriale sulla gestione dei farmaci innovativi (ancora come già scritto, molti in scadenza brevettuale) per i quali oggi non ha accesso alla prescrizione. Se si pensa di riportare il territorio ad essere centrale nella gestione delle cronicità diabete, come è possibile non fornirlo degli strumenti di cura indicati dalle evidenze scientifiche e dalle linee guida Internazionali e Nazionali, oramai da anni? Senza questa condizione la presa in carico con le cure adeguate, sul territorio non potrà mai essere efficace e tempestiva.

8. Linee di indirizzo Nazionali per un percorso diagnostico terapeutico assistenziale (PDTA) sul diabete condiviso ed uniforme per tutta Italia che, seppure declinato secondo le varie realtà regionali, dia a tutti i cittadini le stesse possibilità di diagnosi e cure. Che chiarisca in maniera inequivocabile ruoli e responsabilità, compiti e competenze dei vari attori della filiera: dai tecnici della programmazione regionale, ai Clinici ospedalieri, agli specialisti territoriali, ai medici di medicina generale e pediatri di libera scelta, agli infermieri, al personale dei distretti sanitari, ai farmacisti, ai nuovi team USCA. La creazione di figure infermieristiche dedicate sul territorio deve essere messa a sistema subito. Il mondo della Scuola deve essere coinvolto nelle attività di supporto alla malattia dopo previa adeguata formazione (tra queste critica ma fondamentale, perché salvavita, la possibilità di individuare un referente scolastico formato per la gestione delle problematiche legate alla malattia ed alle sue difficoltà socio-assistenziali o necessità gestionali, un esempio fra tutti l’utilizzo del glucagone in caso di ipoglicemia grave).

Molte di queste cose erano già scritte nel Piano Nazionale sulla malattia diabetica, ma molte altre sono state dettate dai cambiamenti di scenario avvenuti, non ultimo quello creato dalla recente pandemia che ha messo in luce la fragilità della presa in carico territoriale. Ma in tutto questo percorso di cambiamento è assolutamente indispensabile uscire dalla autoreferenzialità e dal corporativismo delle diverse categorie professionali, comprendendo che il diabete è una epidemia che si può vincere solo con lo sviluppo della conoscenza dei problemi legati alla malattia e con l’impegno di tutti i cittadini malati e non. Oggi ci affanniamo a combattere una pandemia ponendo il problema in termini di epidemiologia e sicurezza infettiva, con una visione parziale ed incompleta del vero problema sociale che emerge: Covid19 infatti è una malattia che danneggia ed uccide quasi sempre persone affette da malattie croniche, dovute a fenomeni meglio controllabili ed in alcuni casi eliminabili, se solo si rinnovassero le politiche pubbliche su economia, salute, ambiente, istruzione. Se non avremo compreso questo e se non provvederemo ad intervenire oggi su queste condizioni in cui il virus diventa più pericoloso, nessuna misura sarà efficace. Nemmeno un vaccino, perché oggi è Covid ma domani sarà altro. Alle Istituzioni il compito di collaborare con le Associazioni di malati di diabete, trovando insieme soluzioni sostenibili e monitorando la realizzazione dei piani da tempo scritti.

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