Covid-19, cani e gatti non sono fonte di contagio
Gli animalisti ribadiscono che cani e gatti non sono fonte di contagio come confermato da fonti scientifiche. Anzi, sono loro che rischiano di essere infettati dall'uomo.


(AGR) Un concetto che ancora fa fatica ad affermarsi nonostante sia stato ripetuto più volte: cani e gatti non sono fonte di contagio come confermato da fonti scientifiche. Anzi, sono loro che rischiano di essere infettati dagli umani.Negli ultimi giorni - scrive in una nota la Lav - è tornato alla ribalta il rapporto tra gli animali domestici e il coronavirus Covid-19, mettendo in allarme molti animalisti e proprietari di cani e gatti. Leggendo con attenzione alcuni articoli apparsi in questi giorni, però, si ha la conferma che non c’è nessuna prova che i nostri amici a 4 zampe possano in qualche modo essere responsabili di contagio. In un comunicato stampa, il direttore del Dipartimento sicurezza alimentare, nutrizione e sanità pubblica veterinaria dell’Istituto Superiore di Sanità, Umberto Agrimi, afferma che gli animali Vivendo in ambienti a forte circolazione virale a causa della malattia dei loro proprietari, potrebbero, in casi rari, contrarre l’infezione. Ma, nei casi osservati, gli animali sono stati incolpevoli ‘vittime’. Non esiste infatti alcuna evidenza che cani o gatti giochino un ruolo nella diffusione epidemica.
Allo stesso modo, la WSAVA (World Small Animal Veterinary Association) – dichiara, “Ci sono ancora molte informazioni mancanti sul SARS-CoV-2. La priorità è controllare il focolaio umano il prima possibile. Siamo tuttavia preoccupati per il benessere animale, a causa di notizie che riportano abbandoni o uccisioni di animali da compagnia soltanto a causa del timore, ad oggi ingiustificato, sul loro possibile ruolo nell’epidemia di COVID-19”.
“Vorrei comunque invitare i giornali a una maggiore responsabilità nella formulazione dei titoli perché è un dato di fatto che purtroppo molte persone si fermano a quelli e non approfondiscono leggendo l’intero articolo. Pertanto, alcuni titoli fuorvianti o parziali possono diffondere altro allarmismo di cui al momento non c’è davvero bisogno”, conclude Rosati.