Arbor Vitae: Fibro-miomi uterini.... una malattia sociale

Per Ivan Mazzon, presidente di Arbor Vitae, “sarà importante fermare il dilagare di isterectomie improprie e interventi chirurgici inutili e che la Regione dia il via ad un tavolo tecnico che individui centri di eccellenza/best practice e terapie innovative ma non demolitive per la tutela dell’integrità della donna, con l’adozione delle Linee Guida/Raccomandazioni sulla diagnosi e trattamento delle Fibromiomatosi”.
Si tratta di una pubblicazione di circa 70 pagine messa a punto di recente dall’Aogoi (Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri Italiani), SIGO (Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia), AGUI (Associazione Ginecologi Universitari Italiani), con il coordinamento della Fondazione C. Ragonese. “Sono raccomandazioni –ha spiegato Enrico Vizza, il segretario regionale Aogoi che ha coordinato il panel di esperti –su come inquadrare le diverse situazioni cliniche lasciando spazio alla valutazione del caso specifico da parte del medico (per numero di fibromi, tipologia, età della paziente, aspettative), tenendo conto dei continui aggiornamenti della ricerca medica e farmacologica”. Apprezzamento all’iniziativa da parte del direttore Generale dell’ASL di Rieti, Marinella D’Innocenzo che ha sottolineato “l’importanza di identificare criteri di appropriatezza e omogeneità per tutte le prestazioni erogate dalle aziende sanitarie a favore delle donne”.
I dati più recenti sui fibro-miomi uterini indicano un fenomeno che coinvolge più di 3 milioni di donne in Italia, una donna su quattro colpita in età fertile. Preoccupanti sono i dati sulle isterectomie inutili: secondo il Piano Nazionale Esiti 2016 (PNE), delle 70.000 procedure di isterectomia effettuate in Italia ogni anno, ben il 75% sono state fatte per malattie benigne e neanche il 18% per un cancro. Considerando il costo di una miomectomia per ogni paziente, che si aggira intorno ai 3.700 euro (senza considerare il costo sociale del ricovero post intervento e l’assenza dal lavoro), il risparmio annuo per il sistema sanitario nazionale sarebbe di circa 194 milioni di euro, a cui ovviamente sarebbe da detrarre il costo della terapia alternativa.
In questo scenario occorre considerare “le mutate esigenze delle donne di oggi e il desiderio di maternità che si è spostato tra i 35 e i 40 anni e la maggiore attenzione all’integrità della loro femminilità prima e dopo la menopausa –ha concluso Annamaria Mancuso, presidente di Salute Donna Onlus alla giornalista del Corriere della Sera, moderatrice della tavola rotonda ”.
I DIECI CAPISALDI DI UN MODELLO VIRTUOSO DA ATTUARE
COME BEST PRACTICE NELLA REGIONE LAZIO
·Indagine epidemiologica sul fenomeno
·Apertura di un tavolo tecnico sul tema dei fibromi
·No ad isterectomie improprie e ad interventi chirurgici inutili. Sì ad intervenire solo su casi sintomatici
·Condivisione, adesione e diffusione delle linee guida sul trattamento dei fibro-miomi uterini realizzate da AOGOI, AGUI e SIGO, con il coordinamento della Fondazione C. Ragonese
·La scelta finale sulla terapia da adottare spetta al medico
·Preferenza a tecniche innovative che tutelano l’integrità dell’utero e della donna
·Ridurre le isterectomie inutili e gli sprechi per la sanità
·Avvio di una Campagna di informazione
·Istituzione di una giornata di prevenzione sui fibro-miomi uterini
·Ideazione di un sito web dedicato al tema con percorsi guidati diagnostico-terapeutici