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(AGR) Amianto in Marina Militare, il Ministero della Difesa risarcirà con 500mila euro la famiglia di un maresciallo tarantino

Secondo il Tribunale, la presenza dell’amianto nei luoghi di lavoro non è mai stata smentita e risulta confermata da atti della stessa Amministrazione. Un’esposizione non occasionale che, secondo i giudici, consente di affermare il nesso causale tra il servizio svolto e l’insorgenza del tumore

printDi :: 22 dicembre 2025 14:17
(AGR) Amianto in Marina Militare, il Ministero della Difesa risarcirà con 500mila euro la famiglia di un maresciallo tarantino

(AGR) di Donatella Gimigliano

 Nuova e importante condanna per il Ministero della Difesa sul fronte dell’amianto nelle Forze Armate. Il Tribunale Civile di Lecce ha riconosciuto il diritto al risarcimento dei familiari di un maresciallo tarantino della Marina Militare morto per carcinoma polmonare, stabilendo un indennizzo complessivo di circa 500mila euro per la vedova e i figli.

 
La Prima Sezione Civile ha accertato che l’esposizione all’amianto durante il servizio in Marina è stata concausa determinante della malattia che ha portato alla morte del militare, deceduto nel 2015 all’età di 65 anni.

Servizio senza protezioni, amianto presente sulle navi - Il maresciallo aveva prestato servizio nella Marina Militare dal 1969 al 1998, anni in cui l’amianto era ampiamente presente su navi e infrastrutture militari, spesso senza adeguate misure di protezione. Secondo il Tribunale, la presenza dell’amianto nei luoghi di lavoro non è mai stata smentita e risulta anzi confermata da atti della stessa Amministrazione. Un’esposizione non occasionale che, secondo i giudici, consente di affermare il nesso causale tra il servizio svolto e l’insorgenza del tumore, in assenza di fattori alternativi autonomamente sufficienti.

La consulenza medica: amianto e fumo, azione sinergica - Determinanti le conclusioni della consulenza medico-legale disposta dal Tribunale. I periti hanno accertato che il carcinoma polmonare è causalmente riconducibile all’attività lavorativa, precisando che l’amianto e il fumo di sigaretta sono entrambi cancerogeni certi e che la loro compresenza produce un’azione sinergica. La sentenza sottolinea inoltre che il militare aveva già sviluppato una patologia amianto-correlata, le placche pleuriche, rafforzando il legame tra esposizione professionale e malattia.

Risarcimento ridotto, ma battaglia ancora aperta - Pur riconoscendo la responsabilità del Ministero della Difesa, il Tribunale ha applicato una riduzione del 40% del risarcimento per il concorso del fumo di sigaretta. «La riduzione del risarcimento operata dal Tribunale per il presunto concorso del fumo di sigaretta non può essere condivisa e sarà oggetto di appello. La giurisprudenza più recente e la letteratura scientifica internazionale sono chiare nel riconoscere che, nei casi di esposizione professionale ad amianto, il fumo non spezza il nesso causale, ma agisce in sinergia moltiplicativa con le fibre asbestine, aumentando in modo esponenziale il rischio oncologico – rileva Ezio Bonanni, Presidente Osservatorio Nazionale Amianto e legale della Famiglia, che evidenzia: “Attribuire una quota di responsabilità al comportamento personale del lavoratore, senza considerare che il Ministero della Difesa non ha mai informato il militare del rischio sinergico tra amianto e fumo, significa spostare impropriamente l’onere della prevenzione dalla Pubblica Amministrazione alla vittima. La Cassazione ha più volte affermato che, in presenza di esposizione qualificata ad amianto, la responsabilità datoriale non può essere ridotta automaticamente per la presenza di abitudini tabagiche. In questi casi, il fumo rappresenta una concausa che non attenua la responsabilità del datore di lavoro. Faremo appello perché riteniamo che la riduzione del 40% finisca per penalizzare ingiustamente i familiari di un servitore dello Stato che ha pagato con la vita l’esposizione a un agente altamente cancerogeno. La giustizia non può trasformare una vittima del dovere in corresponsabile del proprio destino.»

I risarcimenti alla famiglia -  Il giudice ha liquidato: oltre 100mila euro alla vedova, somme comprese tra 110mila e 115mila euro a ciascun figlio. A queste cifre si aggiungono rivalutazione monetaria, interessi e la condanna del Ministero al pagamento delle spese legali e della consulenza tecnica, per un importo complessivo che sfiora il mezzo milione di euro.

Una sentenza che pesa sul piano sociale - La decisione del Tribunale di Lecce rappresenta un nuovo tassello nella lunga battaglia per il riconoscimento dei diritti dei militari esposti all’amianto, confermando la responsabilità dello Stato nei confronti di chi ha servito il Paese senza adeguata tutela della salute.

L’ONA offre assistenza legale e medica gratuita attraverso il numero verde 800 034 294 e il sito www.osservatorioamianto.it.

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