Diana e la ....Tuda

La storia, scritta nel 1926 per l’attrice Marta Abba, a cui Pirandello fu sentimentalmente legato, narra di Diana ma anche della Tuda. E di Giuncano, di Sirio, di Caravani e Sara Mendel. Sempre in bilico fra staticità e dinamismo, fra morti e vivi. Sirio Dossi è un giovane scultore. Come abbia trascorso la sua vita, precedentemente ai fatti raccontati, non ci è dato sapere se non per vie indirette. Sappiamo che ha cominciato a scolpire dopo aver visto distruggere da un altro scultore, Nono Giuncano, tutte le sue statue. Di lì, come dice l’autore, gli venne l’idea. Eccolo, dunque, che si appresta a completare la sua prima e, molto probabilmente, ultima opera, ispirata alla Diana del Cellini. Per farlo gli occorre una donna, qualcuna che dia corpo alla sua immaginazione. Entra in ballo, quindi, la Tuda, una giovanissima ed affascinante modella, che accetta di prestare il suo corpo per la composizione.
Il gioco, cui prendono parte anche Caravani, un pittore, e Sara Mendel, perdutamente divisa fra quest’ultimo e Sirio, diviene sempre più infernale, alimentato da invidie, risate, passioni forti e violente, tanto da portare la vicenda a continue virate emotive che appassionano e coinvolgono. Il finale, del tutto inaspettato, completa mirabilmente il più arguto tra i capolavori di Luigi Pirandello. Tante sono le componenti che rendono lo spettacolo godibile e affascinante, le luci che danno forza ed efficacia ai momenti del dramma e ai volti dei protagonisti, i costumi di scena, abilmente realizzati da Lucia Mirabile, l’allestimento scenico, assai convincente per questo dramma pirandellliano rivisitato da Bizzarri.
“Leggendo buona parte della vastissima rete di saggi e critiche che abbia per oggetto Pirandello - afferma il giovane regista Andrea Bizzarri - si esce convinti di essersi trovati, inconsapevolmente, di fronte ad un errore colossale. Tutto quello che da sempre abbiamo appreso sull’autore siciliano, tutto ciò che ci è stato propinato riguardo il suo “pirandellismo” emerge come una enorme bufala. Luigi Pirandello non è quello scrittore laborioso, pedante e ossessivo che per molto tempo abbiamo creduto, ma l’esatto contrario. Non è la prosa difficile e verbosa che ci aspettavamo, ma è quella avida di orpelli, contraria a qualsiasi abbellimento tecnico fine a sé stesso, a far da padrona nei suoi scritti. Pirandello è, come spesso si dice, un genio e la genialità si esprime in forme semplici, lineari, viene fuori nella sua autenticità priva di pesanti “intralci letterari” i quali altro non farebbero che ostacolarne il corso. Una frase, di un lungo saggio di Giovanni Macchia, riassume veramente, a mio avviso, l’opera pirandelliana: Fu il pubblico, sostenuto da pochi scrittori e critici illuminati, a non essere indifferente al valore dei suoi artefatti. Il pubblico, signore e signori, il pubblico”.
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>Manuela Minelli>
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