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Al ‘Grande Torino’ la Roma vince e guadagna l’Europa battendo un ottimo Torino

Torino-Roma 0-2

printDi :: 27 maggio 2025 17:40
Al ‘Grande Torino’ la Roma vince e guadagna l’Europa battendo un ottimo Torino

(AGR) A Torino, contro la squadra granata, la Roma ha lanciato l’ultimo assalto alla Champions League, un assalto in qualche modo disperato, visto che l’agguerritissima concorrente Juventus aveva un punto in più in classifica e andava a disputare una gara ampiamente alla sua portata. La Roma ha vinto, conquistando con pieno merito i tre punti in palio, al termine di una partita sostanzialmente equilibrata e corretta. C’è stata, per larghi tratti, supremazia giallorossa, ma il Torino, ottimamente messo in campo, ha contrastato bene non riuscendo, però, ad essere realmente pericoloso. Il primo goal della Roma è arrivato al 18’ su calcio di rigore concesso per evidente fallo in area di Dembelè ai danni di Saelemaekers. Batte Paredes e pallone in rete. Il secondo goal arriva al 58’ quando Soulé crossa preciso in area per Saelemaekers che raccoglie di testa e insacca.

Sul 2-0, la Roma pensa a gestire il vantaggio, in attesa di coincidenze favorevoli. Ma la vittoria contro il sempre temibile Torino non è bastata a centrare l’obiettivo della partecipazione a quel prestigiosissimo torneo continentale. Peraltro, obiettivamente, c’è da chiedersi quanto la Roma fosse attrezzata per disputare quel torneo. In termini di qualità individuali e di squadra e considerando il Fair-Play finanziario, non esitiamo ad affermare che la UEFA Europa League è senz’altro più alla portata della squadra giallorossa. Ma la Roma non è tornata a casa a mani vuote, visto che ha coronato l’inseguimento all’Europa conquistando l’accesso alla prossima UEFA Europa League.

 
La differenza tra Champions League ed Uefa Europa League è data, per la gran parte, dalla quantità dei milioni di euro che accompagnano lo scorrere di entrambi i tornei, in termini di compensi alle partecipanti già alla loro iscrizione, per i passaggi dei turni e, proseguendo, per visibilità dei singoli giocatori e delle squadre e, infine ma non ultimo, per i senz’altro più ricchi contratti di pubblicità. Quanto alla qualità delle partecipanti, sia nell’uno che nell’altro torneo ce n’è tantissima, visto che in entrambe le competizioni saranno presenti squadre blasonatissime e meno blasonate, in uno splendido e variegato cocktail di ensemble leggendarie, gloriose, veterane che non hanno mai vinto nessuno di quei tornei pur partecipando a numerose sue edizioni, o, infine, squadre che si affacciano per la prima volta a quelle prestigiose ribalte calcistiche.

Vale la pena citare, a questo punto, anche l’ultima arrivata, la Conference League, che qualche cosiddetto esperto, di quelli che, sprovveduti di qualsiasi conoscenza calcistica, ammorbano i media sportivi con le loro ciarlatanerie a ruota libera, a suo tempo ha spregiativamente e impropriamente definito quel torneo ‘coppetta del nonno’, per sottolinearne la pressoché inesistente valenza dal punto di vista tecnico, valutazione che, alla prova dei fatti, fin dalla prima edizione si è rivelata del tutto fasulla, per non dire demenziale, visto che nel novero delle sue partecipanti abbiamo ammirato squadre storicamente importanti e grandi (Tottenham e Feyenoord…) e, tra le italiane, grandi prestazioni di altissimo livello della Roma e della Fiorentina, che hanno dato subito lustro al torneo.

Se la Roma avesse guadagnato l’accesso alla Champions League, sicuramente la tifoseria giallorossa avrebbe gridato al miracolo dei miracoli. Il Maestro Claudio Ranieri, in realtà, di miracoli ne aveva già compiuti parecchi: il trarre dal girone infernale della lotta per la salvezza quel gruppo di ragazzi che, all’epoca, di certo non assomigliava ad una squadra, ma, piuttosto, ad una squinternata armata Brancaleone, il costruire una squadra praticamente da zero, iniettando negli elementi, giorno dopo giorno, allenamento dopo allenamento, massicce dosi di personalità, di carattere, di autostima, di voglia di combattere, di consapevolezza nelle proprie possibilità (tutte cose che, prima del suo arrivo, il gruppo aveva smarrito…), riuscendo, in breve tempo, a inventarsi, questo è il termine giusto, una squadra i cui vari pezzi si erano persi nei mille ruscelli di dubbi, perplessità, incertezze, zone d’ombra, grigie, della propria personalità, strade senza sbocco, con immensi e altissimi terrapieni che sembravano montagne impossibili da scalare. Così, nel suo insieme, deve essere stata la ‘cosa’ che Ranieri ha trovato al suo arrivo. Quella che ad inizio stagione veniva data per altamente competitiva era invece uno sbrindellato gruppo di ragazzi buono, tutt’al più, per qualche partitella tra amici, quella del sabato pomeriggio che chi perde paga il campo e la pizza.

A posteriori, in un ipotetico gioco mentale che chiamerei il ‘Trova l’allenatore giusto per la Roma’, inviterei, i nostri lettori ad escludere Claudio Ranieri dalla lista ed indicare altri nomi di allenatori in grado di far uscire la Roma da quella terribile e disastrosa situazione calcistica e societaria. Sapete quale sarebbe l’allenatore indicato? Nessuno, e lo affermo essendo certo di non essere smentito. L’equipaggio del vascello giallorosso, armatori compresi, sarebbe affondato nelle mortali sabbie mobili della bassa classifica, menando, dannata tra i dannati, una lotta disperata per salvarsi. Nessuno, se non Claudio Ranieri, sarebbe stato in grado di evitare il tracollo catastrofico della Roma, delle sue componenti, lì lì per cadere nella depressione più cupa, nella disperazione più nera alla quale non c’è rimedio se non con l’accettarne stoicamente l’incombenza del suo arrivo, oltreché della sua ineluttabilità.

Nessuno, se non mr. Ranieri, avrebbe potuto mettere il vascello della Roma in grado di galleggiare di nuovo, di spiegare le sue vele e riprendere il mare facendo rotta verso le tranquille posizioni della classifica medio-alta. Poi, que serà serà, ma intanto non c’è più bisogno dei betabloccanti. Perché solo lui? Intanto per la sua profonda sapienza calcistica unita a una radicata maestria, e poi, anche e soprattutto, perché è riuscito a trasmettere la sua passione per la squadra giallorossa, il suo modo di fare calcio, che non è un semplice applicare le regole del pronto soccorso calcistico (tutti indietro a fare barricate, palloni in tribuna e niente gioco ma solo cadute plateali e manfrine varie…) ma un continuo dialogare con la squadra, far capire ai ragazzi che serve stare concentrati per tutta la partita, essere consapevoli dei propri mezzi, far capire, ancora, che una squadra non è solo un gruppo di calciatori ma un insieme di uomini, persone dove l’armonia deve essere sovrana, al di là degli egoismi personali, incomprensioni ed invidiuzze. Ranieri, insomma, alla fine ce l’ha fatta e oggi, grazie a lui, quel vascello, dopo aver navigato nei perigliosi mari del nostro campionato, è pronto ad affrontare nuove e intriganti rotte europee. Grazie, Claudio! A sipario calato sul campionato, riferendosi alla Roma non si può affatto parlare di esito deludente, di aspettative frustrate, di obiettivi mancati. Piuttosto, quanto hanno fatto Mancini e compagni è da elogiare: alla fine, a consuntivo, c’è l’Europa, raggiunta grazie alla travolgente cavalcata della brigata Ranieri. Per come s’era messa nella prima parte di stagione, la tifoseria romanista può gridare al miracolo.

Noi, come osservatori delle vicende calcistiche della squadra giallorossa rimaniamo, invece, meravigliosamente attoniti di fronte a questa incredibile metamorfosi positiva dei capitolini, avvenuta grazie soprattutto alla impareggiabile maestria del Maestro Ranieri. Nel momento in cui si va a fare analisi comportamentale, chiamiamola così (non me ne vogliano i behavioristi), delle vicende giallorosse, non si può non tenere conto degli eventi verificatisi ad inizio stagione in quell’ambito. In primis, l’arrivo in società di personaggi che hanno fatto il bello ed il cattivo tempo, forti di ‘poteri’ conferiti loro con troppa facilità, tali da poter consentire a chi ne era in possesso, di arrivare, addirittura, a stravolgere decisioni societarie già prese, in virtù di non si sa bene quali motivazioni. Fortunatamente per la Roma, quel periodo è stato breve. A tutt’oggi, riteniamo che la strampalata e sciagurata decisione di licenziare l’allenatore Daniele De Rossi sia stata dovuta a reazione uterina più che ad una vera e propria contestazione dell’operato del bravo trainer sfociata nella cacciata del tecnico di Ostia.

Sta di fatto, però, che la falla aperta da quella decisione demenziale è rimasta aperta per lungo tempo e il danno prodotto dall’ allontanamento del tecnico, sul campo si è poi tradotto con la perdita di preziosissimi punti. In secundis, la scelta di affidare la gestione del mercato dei trasferimenti a chi era, e forse lo è ancora, totalmente digiuno di calcio italiano, dei suoi risvolti, sfumature e angolature, ci è sembrata subito naif, diciamo così. Magari il chiamato a quel compito sarà stato, e altrove probabilmente lo sarà ancora, bravissimo, ma alla Roma, del suo skill professionale se n’è visto poco o nulla. Per carità, qui non si parla di portare top-player perché con il fair play finanziario non si scherza, ma mettere in piedi una squadra competitiva anche in Europa (da non dimenticare certe sconfitte arrivate con squadre che non stanno neanche nelle figurine del ben noto album…). Alla Roma sono arrivati giocatori che nel corso del campionato hanno dimostrato di valere nemmeno un quarto di quanto pagato per il loro cartellino, giocatori sopravvalutati che all’atto pratico, cioè in campo, ne hanno combinate delle belle (autogoal, clamorose occasioni da goal gettate al vento, comportamenti isterici in campo, con conseguenti rossi…) compromettendo non poco gli esiti finali di qualche partita, giocatori che, in virtù della loro pochezza tecnica, avrebbero fatto meglio a rimanere a giocare al proprio paesello.

Se i preposti alla gestione del mercato dei trasferimenti avessero dato un’occhiata a quanto abbiamo qui in Italia, magari scandagliando anche in serie ‘B’ e ‘C’ e nei campionati impropriamente definiti ‘minori’, avrebbero sicuramente trovato i giocatori giusti, adeguati agli obiettivi stagionali della Roma. Il fall-out di quei comportamenti bizzarri e di quelle scelte inadeguate si è poi riflesso sui giocatori che andavano in campo: certe performance inguardabili cos’altro erano se non il riverbero di stati d’animo in subbuglio già prima di entrare in campo, di tensioni che arrivavano dall’esterno, di fatto non consentendo ai giocatori di operare con la necessaria tranquillità e la dovuta concentrazione? In quel bailamme, il pur bravo Juric, catapultato in un ambiente a lui del tutto sconosciuto, fece quel che poteva e raccolse ben poco rispetto alle sue riconosciute capacità.

Naufragata l’esperienza Juric, per risollevare la Roma ci voleva ben altro: un autentico ‘Uomo della Providenza’ dalla navigata esperienza calcistica che conoscesse bene e a fondo l’ambiente romanista, i suoi umori, il suo ‘essere’: qui, come sappiamo, la scelta è stata felicissima e ciò che è successo dopo l’arrivo del Maestro Claudio Ranieri alla guida tecnica della Roma, è realmente incredibile. Una delle sue prime frasi fu: “non mi pongo limiti” e quelle parole, nel momento in cui furono pronunciate, la Roma a lambire la zona retrocessione, sembrarono un’autentica, incredibile boutade buttata lì per incoraggiare il depresso ambiente romanista, invece, nel tempo, esse si sono rivelate una vera e propria profezia, incredibilmente divenuta realtà.

 

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